Le difficoltà,  le differenze diagnostiche e le manifestazioni cliniche.

Da Dott.ssa M. Galimberti

e Dott.ssa L. Carrara

Storicamente i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) sono stati considerati, tra tutti i disturbi psichici, come quelli maggiormente caratterizzanti il genere sessuale. Sebbene infatti i relativi criteri diagnostici abbiano sempre fatto riferimento sia al genere femminile che a quello maschile, per gran parte del XX° secolo è prevalsa la convinzione che i DCA non colpissero le persone di genere maschile o interessassero tale popolazione solo limitatamente e perlopiù in modo atipico

       Nel corso degli ultimi decenni, numerose evidenze empiriche hanno permesso di incrementare la conoscenza rispetto alla frequenza e alle modalità con cui i disturbi del comportamento alimentare si presentano nella popolazione maschile.

I dati scientifici portano innanzitutto a ridimensionare la prevalenza dei casi di DCA nella popolazione maschile rispetto a quella femminile: non vi sarebbe un rapporto di 1 caso su 10 come si credeva nel corso del secolo scorso, ma tale rapporto si aggirerebbe intorno a 1 caso su 4. Attualmente quindi i DCA non vengono più considerati come una rarità nella popolazione maschile, ma al contrario i risultati suggeriscono un significativo incremento nella prevalenza dei casi di DCA maschili.

Inoltre, sebbene ad oggi venga riconosciuta la sostanziale diversità con cui i DCA si manifestano tra i generi, le evidenze empiriche sottolineano che la severità dei sintomi nella popolazione maschile è eguagliabile a quella con cui i sintomi si presentano nella popolazione femminile. 

L’ideale corporeo maschile: quali implicazioni cliniche?

Nel panorama scientifico attuale, la storica convinzione per cui i DCA non interessassero la popolazione maschile in modo significativo viene riletta nei termini di una sostanziale sottostima dei casi di DCA tra le persone di genere maschile, riconducibile principalmente a difficoltà diagnostiche. 

La scarsa attenzione rivolta ai DCA nel genere maschile e la conseguente esclusione dei pazienti maschi all’interno degli studi di controllo avrebbero infatti inavvertitamente facilitato lo sviluppo di criteri diagnostici e approcci terapeutici orientati soprattutto alle modalità con cui tali disturbi si presentano nel genere femminile. A tal proposito è possibile fare riferimento al sintomo dell’amenorrea secondaria che, fino alla precedente versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-IV TR), costituiva un criterio necessario per la diagnosi di Anoressia Nervosa, senza che tuttavia venisse specificata una corrispettiva alterazione ormono-riproduttiva nei maschi.

       Se si passa a considerare gli attuali criteri diagnostici impiegati per i Disturbi del Comportamento Alimentare (DSM-5), risulta evidente che essi si propongono di riflettere il “core” essenziale delle manifestazioni cliniche di tali disturbi, legato ad una sopravvalutazione dell’importanza della struttura e del peso corporeo e riconducibile ad un ideale socioculturale di corpo magro. 

Il peso corporeo significativamente basso (inferiore al minimo normale), la paura intensa di ingrassare, l’eccessiva influenza del peso e della struttura corporea sull’autostima e il ricorso a condotte compensatorie per prevenire l’assunzione di peso, sono fra i principali criteri diagnostici che ben evidenziano come l’immagine corporea rivesta un ruolo centrale nei Disturbi del Comportamento Alimentare.

La preoccupazione per la propria immagine corporea, la dispercezione cognitiva del proprio peso o forma corporea e i profondi sentimenti di insoddisfazione costituiscono un fattore che accomuna le persone di genere femminile e maschile affette da DCA.

Tuttavia il progredire degli studi scientifici sull’immagine corporea ha messo in luce profonde differenze tra i generi relative agli ideali corporei socio-culturali, a cui conseguono inevitabilmente significative implicazioni nelle manifestazioni cliniche dei DCA. Se l’ideale socioculturale di corpo femminile è riconducibile principalmente alla magrezza, il corpo maschile risulta invece maggiormente associato ad un ideale di corpo snello ma allo stesso tempo muscoloso. 

       Nell’ambito clinico dei DCA, ciò si traduce innanzitutto in una diversa modalità di espressione dei conflitti riguardanti la struttura corporea da parte di persone di genere femminile e maschile.

Gli uomini raramente lamentano l’aumento di peso o di taglia dei propri vestiti, ma esprimono piuttosto preoccupazione per la struttura e la forma del proprio corpo associata ad un intenso desiderio di perdere la “flaccidicità” e di raggiungere una maggiore definizione maschile di massa muscolare. 

Inoltre, altrettanto differenti risultano i comportamenti disfunzionali che si pongono al servizio del raggiungimento del proprio ideale corporeo. L’interesse per un fisico più definito e muscoloso si traduce nel fatto che gli uomini, rispetto alle donne, manifestano in misura minore condotte di compenso come l’ uso di pillole, di lassativi ed episodi di vomito autoindotto; al contrario, ricorrono con maggiore frequenza ad un’attività fisica intensa e, in casi più estremi, all’uso di sostanze (es.steroidi).

Nel panorama scientifico attuale sembra quindi esserci un accordo generale nel ritenere che proprio la differente natura delle manifestazioni cliniche dei DCA tra genere femminile e maschile rappresenti il motivo principale per cui nel corso degli anni i casi di DCA maschili siano stati sottostimati. I criteri diagnostici relativi alla preoccupazione per l’immagine corporea si fondano principalmente sull’ideale di magrezza, che sembra tuttavia essere un ideale peculiare del genere femminile piuttosto che di quello maschile, maggiormente orientato alla muscolosità. 

Una nuova forma di sofferenza psicopatologica: la Bigoressia

Il termine Bigoressia (dall’inglese “big” grande e dal greco “orexis” appetito) è stato recentemente introdotto in letteratura scientifica per definire una nuova forma di sofferenza psicopatologica, caratterizzata dalla profonda e costante preoccupazione che il proprio corpo non sia abbastanza asciutto e muscoloso. Tale condizione, che ha ricevuto negli ultimi anni una crescente attenzione clinico-scientifica, sembra interessare principalmente le persone di sesso maschile e, in particolare, sportivi dediti ad attività volte allo sviluppo muscolare (es. body building). 

       La Bigoressia non rientra attualmente tra i disturbi psichici previsti all’interno della nosografia ufficiale (DSM 5) ed è in corso tra gli studiosi un confronto rispetto alla possibilità di classificarla come una forma di Disturbo da Dismorfismo Corporeo o di collocarla nell’ampia categoria dei Disturbi del Comportamento Alimentare (Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione, secondo il DSM 5). 

Come nel Disturbo da Dismorfismo Corporeo, la preoccupazione eccessiva per il proprio aspetto fisico riguarda tutto il corpo e non una sua parte specifica; per tale motivo, è stato proposto di definire questa forma di sofferenza psicologica come “Dismorfia Muscolare”.

In modo analogo ai Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA), la Bigoressia è caratterizzata da una profonda alterazione della propria immagine corporea, cui fa seguito un rimuginio costante sulle forme del proprio corpo e profondi sentimenti di insoddisfazione e autosvalutazione. Per la sua specularità con l’Anoressia Nervosa, la Bigoressia è stata definita anche come “Anoressia Inversa”: chi è affetto da Anoressia ha una dispercezione corporea che lo porta a vedersi in sovrappeso anche in condizioni di estrema magrezza, al contrario chi è affetto da Bigoressia percepisce il proprio corpo come esile e magro, pur trattandosi di un fisico normale o addirittura atletico e muscoloso.

La Bigoressia condivide inoltre con i DCA comportamenti alimentari altamente disfunzionali, finalizzati al raggiungimento dell’immagine corporea ideale: si assiste infatti alla presenza di un regime alimentare rigido e restrittivo, basato sull’esclusione di intere categorie di alimenti e sulla preferenza di alcuni macronutrienti (proteine) a discapito di altri (grassi), cui si associa un calcolo ossessivo delle calorie giornaliere assunte.

       

Bibliografia

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