Narcisismo: tra sano e patologico
Il costrutto psicologico di narcisismo è stato introdotto per la prima volta da Freud nell’opera “Introduzione al Narcisismo” del 1914.
Sebbene sia un costrutto antico, solo recentemente la letteratura teorica ed empirica è giunta ad una concettualizzazione esaustiva e condivisa di narcisismo, che chiarifica innanzitutto il confine esistente tra narcisismo sano e patologico.
Il Narcisismo sano
Il narcisismo sano rimanda alla capacità di mantenere un senso di sé coeso e livelli di autostima adeguati e realistici attraverso processi di autoregolazione emotiva e regolazione interpersonale.
I bisogni umani di riconoscimento e ammirazione portano a ricercare nell’ambiente esterno, in particolare nelle relazioni quotidiane, esperienze che rinforzano l’immagine positiva di sé.
Il narcisismo risulta adattivo quando, attraverso un’adeguata regolazione delle emozioni negative e il mantenimento di sufficienti livelli di autostima, consente all’individuo di affrontare anche eventuali frustrazioni che rischiano di intaccare la valutazione di sé.
Il narcisismo assume un’accezione patologica quando si associa a caratteristiche di rigidità e pervasività e a deficit nella capacità di autoregolazione: i bisogni di ammirazione e riconoscimento sono così intensi da assorbire interamente l’individuo, che è a sua volta incapace di gestire e soddisfare tali bisogni in modo adeguato.
Obiettivo primario del narcisista diventa quindi la ricerca costante di esperienze esterne di soddisfazione e gratificazione, indipendentemente dalle tempistiche, dai contesti, dalle modalità e dalle strategie impiegate. Trovano così una diretta spiegazione le caratteristiche tipiche degli atteggiamenti e dei comportamenti narcisistici, manifeste soprattutto nell’ambito delle relazioni interpersonali: dominanza, prevaricazione, ostilità e aggressività, mancanza di rispetto di diritti e bisogni altrui, assenza di empatia e di reale interesse verso gli altri.
Narcisismo: tra vulnerabilità e grandiosità
Negli ultimi anni, la condivisione di dati empirici e osservativi provenienti dall’ambito psichiatrico e dall’ambito clinico-terapeutico ha permesso non solo una concettualizzazione condivisa di narcisismo e di come si differenzi nelle sue forme adattive e patologiche ma anche una progressione nella conoscenza e comprensione delle sue due principali manifestazioni fenotipiche: la grandiosità e la vulnerabilità narcisistica.
Le manifestazioni di grandiosità e di vulnerabilità rappresentano le differenti modalità e strategie impiegate dal narcisista per far fronte alle difficoltà che lo caratterizzano: deficit di autostima, disregolazione affettiva e difficoltà nelle relazioni interpersonali.
Quadro Grandioso
Nel caso del quadro grandioso, la scarsa autostima viene compensata da un senso esagerato di superiorità e unicità, cui fanno seguito sentimenti di disprezzo per le altre persone, modalità comportamentali aggressive e di prevaricazione, aspettative irrealistiche e fantasie grandiose di soddisfazione dei propri bisogni.
Quadro Vulnerabile
Nel quadro vulnerabile del narcisismo patologico il deficit di autostima viene compensato attraverso la creazione di fantasie grandiose, con l’emergere però di intensi vissuti di vergogna per i propri bisogni e le proprie ambizioni, di un profondo senso di umiliazione e di un’ipersensibilità al giudizio altrui. La tipica ricerca di ammirazione è quindi sostituita dall’evitamento di tutte quelle situazioni sociali e relazionali che potrebbero comportare fallimenti, critiche e rifiuti; è in questo modo che il narcisista mantiene la grandiosità al riparo dai rischi della vita reale, nel segreto delle proprie fantasie.
Narcisismo e regolazione dell’autostima
In entrambi i casi, la sintomatologia narcisistica risulta come diretta espressione di tentativi mutevoli e dinamici di regolazione dell’autostima, tanto che si assiste a fluttuazioni tra manifestazioni di grandiosità e di vulnerabilità nel medesimo individuo, evidenti anche durante le diverse fasi del trattamento in ambito clinico dove la richiesta di aiuto da parte di questi pazienti spesso coincide ad un loro stato di vulnerabilità (fallimento lavorativo, relazionale…) piuttosto che di grandiosità.
Narcisismo e relazioni: l’altro specchio della propria grandiosità
Le relazioni interpersonali rappresentano per il narcisista il contesto privilegiato in cui attuare le strategie di autoregolazione rispetto ai propri bisogni di ammirazione, gratificazione e riconoscimento. Per innalzare o mantenere elevata la propria autostima il narcisista, infatti, ricerca e instaura relazioni che gli garantiscano di avere una costante dimostrazione della propria superiorità rispetto agli altri.
Al servizio del sentimento di superiorità vi sono tutti quei comportamenti che consentono al narcisista di attirare l’attenzione su di sé e di esibire le proprie capacità; spesso la forte convinzione che gli altri siano inferiori a sé, come conseguenza inevitabile della indiscutibile superiorità personale, si traduce in modalità relazionali caratterizzate dal dominio, dalla prevaricazione e dalla mancanza di rispetto dei diritti e bisogni altrui. Quando il narcisista si trova in circostanze e situazioni che rischiano di ostacolare il suo bisogno di superiorità manifesta, può tentare di prendersi il merito di successi altrui o incolpare gli altri per il proprio fallimento arrivando a manifestare rabbia e aggressività anche a livello comportamentale.
Le relazioni sentimentali
Le relazioni sentimentali, rivestendo un ruolo centrale nell’ambito delle relazioni umane, rappresentano spesso il contesto privilegiato in cui vi è una chiara manifestazione dei bisogni e delle strategie di auto-regolazione propri dei narcisisti e dell’immagine che essi hanno di sé e degli altri. I narcisisti non ricercano primariamente nelle relazioni amorose affetto, vicinanza e cura reciproca ma tali relazioni devono essere per loro fonte di autostima, ammirazione e desiderabilità sociale.
Ecco che il loro partner ideale si configura come un “partner trofeo”, ossia una persona con spiccate qualità positive, quali la bellezza e l’intelligenza spesso associate al potere e al successo (lavorativo, sociale, economico…), da poter mostrare agli altri come simbolo ulteriore a conferma del proprio valore. Si tratta di un partner ideale, che il narcisista percepisce come perfetto e che diventa quindi oggetto del suo disegno utopico amoroso.
Immagine dei partner reali
Ben diversa è invece l’immagine che i narcisisti hanno dei propri partner reali: l’iper-idealizzazione nei confronti del partner trofeo, lascia il posto alla svalutazione nei confronti del partner attuale. I narcisisti, infatti, riescono a soddisfare il bisogno di mantenere alta la propria autostima e il senso di superiorità percependo il partner come inferiore rispetto a sé in relazione ad un’ampia gamma di qualità e competenze, rivolgendogli modalità relazionali e comportamentali improntate alla prevaricazione e non considerandolo nemmeno come migliore rispetto ad altri eventuali partner.
Inoltre, il livello molto basso di impegno e di investimento affettivo da parte dei narcisisti nei confronti delle loro relazioni amorose facilita l’elevata tendenza e disponibilità a ricercare ed instaurare relazioni alternative, prevalentemente sessuali, a quella con il proprio partner attuale.
Dipendenza affettiva
“Non riesco a rinunciare all’altro, nonostante tutto”
In ambito clinico si assiste sempre più di frequente a situazioni relazionali intime causa di sofferenza personale e compromettenti la vita quotidiana a vari livelli; non di rado, attraverso la ricostruzione della storia di coppia e della storia individuale dei partner emerge la co-presenza di problematiche individuali riconducibili da una parte ad aspetti di funzionamento narcisistico e dall’atra ad aspetti di Dipendenza Affettiva.
La condizione di Dipendenza Affettiva, sebbene non trovi nella letteratura scientifica una definizione univoca e una propria identità nosografica nei sistemi di classificazione ufficiale, ricorre spesso nell’ambito clinico-terapeutico come problematica diffusa, di natura relazionale, prevalentemente di tipo sentimentale.
Un individuo mantiene un rapporto con un partner problematico, di cui sembra non poter fare a meno e per il quale è disposto a rinunciare al soddisfacimento dei propri bisogni, con importanti conseguenze sul proprio benessere.
“Non riesco a lavorare, non ho energie, sono stressato, devo sempre occuparmi di lui/lei” sono le frasi che tipicamente riportano in seduta i dipendenti affettivi, come espressioni del malessere psico-emotivo causato dalla relazione e del suo impatto negativo sulla loro quotidianità e qualità di vita; numerosi sono d’altra parte i sintomi clinici, di natura prettamente ansioso e depressiva (attacchi di ansia o panico, insonnia, umore deflesso, pensieri ossessivi verso il partner…) associati alla separazione e alla perdita di quella relazione così disfunzionale, vissute appunto come intollerabili.
Essere affettivamente dipendente: un passato che ritorna in una sofferenza attuale
La condizione di dipendenza affettiva sembra essere riconducibile a modelli relazionali e a vissuti interni di riscatto inerenti esperienze traumatiche di privazione emotiva, trascuratezza, abbandono o abusi vissuti a partire dall’infanzia. Ricercare disperatamente l’amore di un partner affettivamente irraggiungibile, come quello di un partner narcisista, per identificazione con una madre/padre da cui non ci si è sentiti amati e da cui trae origine il sentimento di inadeguatezza e di non essere degno d’amore, così come amare e salvare il partner emotivamente fragile, violento e maltrattante (sul piano fisico, verbale, psicologico…) costituiscono la “sfida” del dipendente affettivo, che lo portano a instaurare relazioni inevitabilmente disfunzionali.
Per avere la sensazione di essere necessario e indispensabile all’altro, come garanzia della sua vicinanza e del suo amore, il dipendente affettivo mette in atto comportamenti di estrema sacrificalità, disponibilità e accudimento, assumendo il ruolo di abile aiutante e/o salvifico verso il partner problematico a cui perdona tutto. Nel corso del tempo, tuttavia, risultano sempre più evidenti i costi conseguenti a questo tipo di rapporto, che compromette non solo la salute psicofisica del dipendente affettivo, ma anche le sue principali aree di vita (sociale, lavorativa, familiare). A fronte di queste difficoltà, tende a percepirsi nel ruolo di vittima, iniziando così a esplicitare sempre più frequentemente i suoi bisogni e le sue sofferenze ad un partner che, tuttavia, proprio per le sue caratteristiche, non è disposto ad attuare nessun reale cambiamento all’interno di quel rapporto fino a quel momento esclusivamente vantaggioso per lui.
Compare quindi quel conflitto intrapsichico che caratterizza la condizione di Dipendenza Affettiva: c’è la consapevolezza del malessere generato da quella relazione, con l’intenzione di interromperla, ma al contempo lo stress emotivo e l’angoscia associati alla perdita risultano intollerabili, tanto da rendere impossibile la separazione. La soluzione al conflitto è dunque rimanere nella relazione (o eventualmente ricercarne una simile) con l’illusione di un eventuale cambiamento: la fantasia che “questa volta sarà diverso” congela il rapporto e blocca il dipendente affettivo in una relazione tossica che compromette il suo funzionamento in modo globale.
Come contattare il Centro di Psicologia Buonarroti a Milano
Per chi fosse interessato ad approfondire il tema del Narcisismo e della Dipendenza affettiva e/o sentisse di vivere aspetti di difficoltà inerenti queste tematiche può contattarci telefonicamente al numero 375.5389280 o inviare una mail all’indirizzo info@centropsicologiamilano.com per fissare un primo colloquio.