L’amore è la più saggia delle follie, un’amarezza capace di soffocare, una dolcezza capace di guarire. W.S
QUANDO UNA RELAZIONE FINISCE….
Il trauma nasce quando eventi di vita molto stressanti, rendono le persone insicure, fragili, vulnerabili e impotenti. Il nostro senso di sicurezza viene minato. Le situazioni traumatiche possono non comportare un reale pericolo per la nostra vita. Non sono i fattori oggettivi che determinano se un evento è traumatico o meno ma è l’esperienza emotiva soggettiva.
Il trauma ha diverse sfaccettature. La fine di una relazione è un evento traumatico.
A molti sarà capitato di interrompere una relazione, subendo la scelta di una persona amata o scegliendo di staccarsi da una persona che non si ama più. Ma quando è necessario rivolgersi a uno specialista a seguito di una rottura?
La fine di una relazione, di breve o lunga durata, rappresenta un vero e proprio “lutto” a cui la persona va incontro. L’abbandono diventa spesso un trauma dal quale ci si sente vulnerabili, fragili e senza risorse. Il lutto richiede una lenta e graduale elaborazione che comporta necessariamente lo sperimentare alcune fasi, come ben descrive la psicologa Kübler Ross (1990; 2002).
La prima fase, la negazione: “non è possibile che mi ha lasciata/ o, non è davvero successo a me”: in questa fase la persona addolorata, nega la realtà. La negazione è un meccanismo di difesa verso un dolore che si sente intollerabile. Questo meccanismo di difesa, in parte funzionale, diventa disfunzionale quando è usato in modo massiccio e invalida la vita della persona. La persona che rimane bloccata in questa fase, non riesce a ricostruire la propria vita senza la persona persa. Capita ad esempio, di contattare l’ex partner come se la rottura non fosse mai avvenuta.
La seconda fase, la rabbia- “cosa ho fatto per meritarmi questo? cosa ho sbagliato?”. In questa fase la persona dolorosamente prende contatto con l’esperienza della perdita che viene vissuta come una ingiustizia. Essere arrabbiati è normale e sano di fronte al senso di vuoto: nasce il bisogno di staccarsi dalla persona che non c’è più. Ma se questa fase si prolunga, diventa altamente disfunzionale: la persona congela la vita e la persona amata in un eterno presente, continuando a colpevolizzare la persona persa di aver subito un torto. In questa fase le persone possono agire, o chiedendo aiuto o al contrario chiudendosi in se stesse. È la fase più dolorosa da vivere.
La terza fase, la contrattazione o patteggiamento “: “se supero questo momento, sarò più forte e non farò gli stessi errori”. La persona inizia a elaborare quello che è successo e a fantasticare che al di là dello sconforto e della disperazione, è possibile aprirsi a una posizione più costruttiva e non più distruttiva. La persona inizia a investire energie su nuovi progetti futuri, avvalendosi della propria capacità di resilienza.
La quarta fase, la depressione: “la mia vita fa schifo, va tutto male “. La persona sperimenta la perdita dell’oggetto, entrando frequentemente in un circolo vizioso di sconforto che genera un tono dell’umore molto basso che si accompagna anche a sintomi fisici, irritabilità, frustrazione e volontà di isolarsi. Se questa fase perdura, è necessario chiedere aiuto. La tristezza temporanea è diversa dall’abbattimento depressivo che richiede un aiuto specialistico. Uno stato depressivo non è uno stato d’animo triste e passeggero, né è una condizione di debolezza. Ma una condizione che richiede attenzione.
Ci sono diverse modalità con cui la Depressione si manifesta nelle persone ma è possibile individuare alcuni campanelli di allarme:
- L’uso eccessivo della ruminazione: processo di pensiero circolare, quando la persona si fa assalire dai dubbi e non riesce a cambiare idea su come si sente;
- Il senso di impotenza: quando niente può cambiare e tutto sembra immutabile:
- La perdita di interesse nelle attività quotidiane;
- I cambiamenti nell’appetito e nel peso e nel ciclo sonno/veglia;
- L’agitazione psicomotoria o movimenti rallentati;
- L’auto svalutazione: intensi sentimenti di inutilità, scarso valore e colpa;
- Le autocritiche severe rispetto a errori e mancanze percepite come gravi e irrimediabili;
- I problemi di concentrazione: fatica a prendere decisioni, o ricordare le cose.
La quinta fase, l’accettazione: “È andata così”, “È ora di voltare pagina”. Questa è la conclusione del percorso del processo di elaborazione del lutto; la persona prova ancora rabbia e tristezza ma con intensità minore ed è pronta a ricollocare questo trauma nella propria storia personale, accettando la perdita e considerando la possibilità di una altra persona accanto. Accettare non è una scelta passiva di tollerare quello che è capitato ma implica collocarsi in un atteggiamento aperto, disponibile e flessibile a ricostruire la propria vita personale affettiva e relazionale. L’antropologa americana Helen Fisher, autrice del libro Anatomy of Love ( 2016) spiega che il cervello entra in uno stato di astinenza dopo una separazione, lo stesso stato di astinenza che prova la persona dipendente quando soffre perché può accedere alla sostanza. Dopo una rottura, anche solo pensare all’amato, fa attivare le aree del cervello coinvolte nella dipendenza e nel dolore fisico (l’area tegmentale mediale del mesencefalo (il nucleus accumbens e la corteccia prefrontale (parti del sistema di ricompensa della dopamina associate alla dipendenza da sostanza) e la corteccia insulare e cingolata (associata al dolore fisico).
La psicoterapia può aiutare a superare una rottura difficile?
Chiedere l’aiuto di uno specialista è necessario quando sono diversi mesi o anni che una persona è bloccata nell’elaborazione del distacco, incapace di “lasciar andare la persona amata”. La sofferenza non va negata ma ascoltata.
Per poter affrontare una rottura, c’è bisogno di dare un nuovo significato a quello che è successo; ma non si può iniziare a dare significato alla propria vita fino a quando non si riesce a investire il tempo e le energie per coltivare rapporti separati e distinti dalla vecchia relazione e dal vecchio sé. La psicoterapia può aiutare molto ad affrontare il dolore della perdita: lo spazio sicuro della stanza di analisi, offre la possibilità di aprirsi e condividere il proprio dolore e mettere a nudo le proprie vulnerabilità. Il lavoro terapeutico può permettere alla persona sofferente di ritrovare la forza di cambiare e la fiducia perduta. Le separazioni di qualunque entità e modalità, fanno male in ogni fase della vita e non vanno mai sottovalutate. Le emozioni emerse dal trauma, vanno ascoltate e vissute, al fine di non permettere che influenzino ancora la propria vita.
L’EMDR è una tecnica psicoterapeutica con molto evidenze scientifiche che si può usare per l’elaborazione di problematiche legate a un lutto amoroso. Tramite la stimolazione dei movimenti oculari, la carica emotiva dei ricordi viene attenuata.
La tecnica consente di desensibilizzare i ricordi felici ma anche dolorosi legati alla persona amata, rendendoli più lontani dalla propria esperienza. Accanto alla stimolazione oculare, durante i colloqui clinici, il terapeuta lavora assieme alla persona, per esplorare i significati della relazione, favorendo l’elaborazione del trauma. Il lavoro terapeutico consente di lavorare sui pensieri distorti legati a sé (le continue domande sul perché sia avvenuto proprio a noi), ed evitare di lasciarsi andare a comportamenti disfunzionali per riempire il senso di vuoto (la ricerca ansiosa di un partner, l’uso di sostanze o di alcol, l’uso di controllato del cibo).
Se desiderate ricevere una consulenza da uno dei nostri specialisti, potete contattare il Centro Clinico di Psicologia di Milano, via Tiziano, 19 – 20145 Milano ( MM ROSSA BUONARROTI)
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Articolo scritto dalla dott.ssa Mirella Chiorazzo
Bibliografia
Kübler Ross, E. (1990). La morte e il morire. Padova: Cittadella Editore.
Kübler Ross, E. (2002). La morte e la vita dopo la morte. Roma: Edizioni Mediterranee.
S. Ortigue, F. Bianchi-Demicheli, A. F. de C. Hamilton and S. T. Grafton, 2007. The Neural Basis of Love as a Subliminal Prime: An Event-related Functional Magnetic Resonance Imaging Study
Helen Fisher , 2016 Anatomy of Love: A Natural History of Mating, Marriage, and Why We Stray 2016
Helen Fisher, 2008. The Brain in Love